L’Autismo o meglio ( Disturbo Autistico, D.A.) è definibile come una sindrome ad esordio in età infantile, rilevabile fin dalle prime epoche di vita e comunque ad esordio, per definizione, prima dei tre anni di vita. Rappresenta il quadro clinico meglio definito e di cui si conoscono con maggior esattezza caratteristiche cliniche e decorso prognostico rispetto ad altri disturbi che rientrano nella cornice dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, ovvero Patologie che iniziano molto precocemente e quindi limitano lo sviluppo del bambino essenzialmente in tre aree:
– relazioni sociali ed empatia
– comunicazione sia verbale che non-verbale
– interessi, attività immaginativa ( ristretti e stereotipati)
La triade di caratteristiche nucleari classicamente descritta comporta:
1) Marcate anomalie qualitative nell’ambito dell’<strong>Interazione sociale</strong> rappresentate non tanto o non unicamente da assenza di contatti interpersonali, quanto da mancata condivisione e scambi, assenza di reciprocità, ricerca di contatti esagerati e/o bizzarri, ovvero atteggiamenti interattivi non in linea con l’età di sviluppo dell’individuo.
2) Marcate anomalie nell’ambito della <strong>Comunicazione</strong> che si presentano sia come assenza di linguaggio che come deficit degli svariati codici comunicativi che regolano le nostre interazioni sociali: sorriso, mimica, atteggiamento posturali, alterazioni della prosodia, inversioni pronominali; nei casi in cui il linguaggio è presente si rileva una grave alterazione dell’abilità di iniziare e sostenere una conversazione, nonostante il possesso di capacità linguistiche adeguate.
3) Un repertorio marcatamente ristretto di <strong>Attività ed Interessi</strong> che si manifesta sia con movimenti stereotipati che ossessive preoccupazioni per un sola attività od un unico tema (per es. allineare oggetti, farli cadere o insistenza sul tema delle strade o dei numeri); oppure estrema difficoltà ai cambi di abitudine.
Descritto da Kanner nel 1943, in 11 bambini giunti alla sua osservazione, ha mantenuto nel tempo un alone di fascino poiché i bambini affetti appaiono nella maggior parte dei casi, almeno inizialmente, “belli ma irraggiungibili”. Varie tipi di interazioni sociali sono stati descritti dalla L. Wing fin dal 1981:
– isolato
– passivo
– attivo, ma strano
– solitario
Questa diversità sottolinea come la presentazione del quadro clinico possa variare, anche per un criterio fondamentale quale è quello dell’interazione sociale. I classici bambini descritti da Kanner sono infatti assimilabili agli isolati, ma nell’esperienza sappiamo che ci possono essere problemi di relazione anche quando i bambini ci si avvicinano, ma non scambiano, pongono domande continue e ripetitive, girano per la stanza senza guardarci o per es. accettano passivamente, senza instaurare uno scambio, la nostra presenza e le nostre proposte.
La diagnosi può essere posta con certezza solo a partire dai 18 mesi (Baron-Cohen, 1992) ma, chiaramente, è tanto più complessa quanto più il bambino è piccolo e quanto più il quadro non si presenta nella forma più strettamente classica, ovvero con la presenza contemporanea dei sintomi sopradescritti. La forma sintomatologica meglio definita e più paradigmatica, ovvero il D.A. si evidenzia infatti all’incirca fra i 3 e i 5 anni di vita, per poi “naturalmente” evolversi soprattutto per quanto attiene al sintomo “autismo” che in parte regredisce, in parte cambia la sua tipologia: il bambino da “isolato” può diventare “passivo” o “attivo ma strano” e viceversa (Wing, 1997).